La Riserva naturale integrale Macalube di Aragona è una riserva naturale regionale della Sicilia, situata 4 km a SO di Aragona e 15 km a N di Agrigento, che comprende una vasto territorio argilloso caratterizzato dalla presenza di fenomeni eruttivi.
Il nome Macalube (o, secondo alcune versioni, Maccalube) deriva dall'arabo Maqlùb che significa letteralmente "ribaltamento".
L'Occhiu di Macalubi (appellativo locale della zona) ha da sempre esercitato un grosso fascino sulla popolazione locale e sui viaggiatori stranieri.
Le più antiche descrizioni dell'area si debbono a Platone, Aristotele, Diodoro Siculo e Plinio il Vecchio. In epoca romana il fango sgorgante dal terreno veniva utilizzato per cure reumatiche e trattamenti di bellezza.
Nel corso dei secoli il luogo ha ispirato numerose leggende: secondo una di queste, i fenomeni eruttivi dell'area sarebbero iniziati nel 1087, a seguito di una sanguinosa battaglia tra Arabi e Normanni: il liquido grigiastro sospinto dall'attività eruttiva fu così ribattezzato sangu di li Saracini (sangue dei Saraceni).
Un'altra leggenda vuole che un tempo nell'area sorgesse una città, e che un giorno, a causa di un'offesa fatta alla divinità locale, la città fosse stata sprofondata nelle viscere della terra.
Guy De Maupassant, giunto nel sito nel 1885 durante una tappa di uno dei suoi viaggi, descrisse i vulcanelli di fango come "pustole di una terribile malattia della natura".
L'area della Riserva è caratterizzata da terreni prevalentemente argillosi, solcati da corsi d'acqua effimeri, alimentati da precipitazioni stagionali. L'area di maggiore interesse è la collina dei Vulcanelli, un'area brulla, di colore dal biancastro al grigio scuro, popolata da una serie di vulcanelli di fango, alti intorno al metro.
La vegetazione spontanea è costituita da specie adattatesi a vivere in un habitat di prateria mediterranea caratterizzato da una elevata salinità e dalla scarsa piovosità.
La riserva ospita un contingente di specie endemiche considerevole in relazione alla sua limitata estensione, fra cui: l'Aster sorrentinii, (specie tutelata dalle direttive comunitarie); l'Allium agrigentinum, la Salsola agrigentina, il Lygeum spartum e la Malva agrigentina.
In primavera si può osservare la fioritura, accanto alle specie più comuni, di numerose specie di orchidee (18 specie differenti tra cui Ophrys bertolonii, Ophrys bombyliflora, Ophrys lutea, Ophrys tenthredinifera).
Nella stagione delle piogge la formazione di piccoli stagni favorisce la riproduzione di anfibi (Discoglossus pictus, Rana esculenta) e la presenza di un'abbondante popolazione di rettili.
La Riserva è inoltre territorio di caccia di alcune specie di rapaci (Circus aeruginosus, Falco tinnunculus) e zona di sosta per gli uccelli durante i periodi di migrazione.
Il 27 settembre 2014 un vulcanello della riserva naturale ha eruttato, sollevando il fango fino a circa 20 m dal suolo e provocando il seppellimento sotto la melma di un adulto e due bambini e provocando la morte di questi ultimi. L'evento è stato rilevato dalla vicina stazione sismica denominata FAVR, nel comune di Favara, appartenente alla Rete Sismica Nazionale dell'INGV.
La procura di Agrigento ha aperto una inchiesta ed ha fatto transennare l'area; il presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta, ne ha ordinato la temporanea chiusura. Secondo Legambiente, responsabile della gestione del sito:
« tutti i progetti presentati in questi anni per monitorare il fenomeno e approfondire le conoscenze, non sono stati finanziati per mancanza di risorse. »
Inoltre, secondo il responsabile locale della stessa Legambiente, questi fenomeni sarebbero preceduti solitamente da un rigonfiamento del terreno, che non è stato rilevato durante un controllo del sito effettuato venti minuti prima dell'eruzione.
CHIUSA DEFINITIVAMENTE